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Corinaldo: Un libro dedicato al dott. Pagliariccio

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Alla presenza della consorte del dottor Alfonso Federico Pagliariccio, sig.ra Anna Maria Marcolini, del sindaco di Corinaldo Livio Scattolini, dell’assessore alla cultura Fernando De Iasi, è stato mostrato alla stampa il volume “Una vita per la vita”, dedicato all’indimenticabile primario chirurgo di Corinaldo, dott. Alfonso Federico Pagliariccio, presenti gli autori del libro la prof.ssa Paola Polverari e il prof. Fabio Ciceroni.

Il sindaco Scattolini nel suo intervento di apertura della conferenza stampa per la presentazione del libro, dedicato ad Alfonso Pagliariccio dalla moglie e dai figli Gabriele, Chiara ed Elena, e costruito sulle moltissime testimonianze di corinaldesi e di persone dei paesi limitrofi che sono state operate e curate da questo grande ed umanissimo medico, ha aggiunto: “Con queste testimonianze al dott. Pagliariccio, chi non l’ha conosciuto potrà rendersi conto della grandezza, dell’l’umanità e del- l’umiltà di quest’uomo instancabile. Addirittura lavorava in Ospedale anche 20 ore di seguito, scrupolosissimo com’era nella sua professione di medico.
Questo volume, che certamente mancava, dà la possibilità a molti di ripercorrere la vita del dott. Pagliariccio e permetterà a chi non l’ha conosciuto di rendersi conto del suo valore” Il sindaco ha voluto ricordare le attenzioni che aveva con la sua nonna paterna. Persona anziana che veramente lo adorava e quando doveva illustrare le medicine che doveva prendere ripeteva sempre proprio con attenzione quello che doveva fare e diceva “Mi sono spiegato Marietta?”.
Il sindaco ha concluso ricordando che sabato 12 maggio 2007, prima della presentazione del libro, verrà intitolata la R.S.A. di Corinaldo al dott. Alfonso Federico Pagliariccio e posizionata una targa alla presenza delle autorità tra cui il dott. Roberto Malucelli, direttore dell’A.S.U.R. Marche. Il prof. Fabio Ciceroni autore insieme alla prof.ssa Paola Polverari del volume,:”Intanto un ringraziamento, anzi due di cuore. Il primo a chi ci ospita, il sindaco di Corinaldo; il comune di Corinaldo oltre ad offrirci oggi la sede per questa conferenza stampa ha organizzato la presentazione del libro preceduta da un riconoscimento non solo doveroso ma direi necessario da parte dell’Amministrazione che rappresenta tutti i corinaldesi, con l’esposizione della lapide che dovrà ricordare per il futuro la presenza di un uomo straordinario.
Per quanto riguarda il libro e la sua funzione oggi. direi che mi è ritornata in mente una frase con la quale risposi alla giornalista Franca Zambonini di Famiglia Cristiana, che poi sabato prossimo farà la moderatrice nella presentazione. Quando parecchi anni fa, poco dopo la morte del dott. Pagliariccio venne a Corinaldo per una inchiesta su questo personaggio – allora ero sindaco – mi chiese che cosa avesse significato per me e per la nostra comunità una figura come quella di Alfonso Federico Pagliariccio. Mi venne spontaneo di rispondere: un segno di provocazione cristiana. Mi è ritornato in mente molte volte questo concetto nella stesura del testo, a proposito del quale voglio dire che la nota degli autori spiega con quali criteri abbiamo ritenuto di dover organizzare le varie testimonianze. E’ un concetto che oggi, a distanza di 27 anni dalla sua morte ed in coincidenza con l’ottantesimo anniversario della sua nascita, mi appare ancora più valido che trenta anni fa. Nel senso che questa figura che abbiamo tutti chiamato eccezionale e straordinaria va al di là di una pur apprezzabile filantropia o di un pur ammirevole altruismo.
Questa figura non sarebbe pienamente comprensibile ai posteri senza quel motore interiore che l’ha alimentato come una fiamma. Non è una figura retorica, ma risponde proprio alla verità. Una verità per lui categorica e assoluta, quella della fede cristiana.
Senza questo motore interiore non potremmo spiegarci il miracolo Pagliariccio, perché tale è a raccontare oggi che cosa egli ha fatto, il bene che ha profuso in migliaia di casi nel corso di quel ventennio trascorso soprattutto a Corinaldo, ma non solo, dal 1960 al 1980: i ritmi di lavoro impossibili, disumani, la lontananza cui l’obbligava questo lavoro così intenso dalla stessa famiglia, dalle stesse amicizie, dagli svaghi e da qualunque altro tipo di naturale e doverosa distrazione fino al sacrificio supremo. Non dobbiamo dimenticare neanche questo aspetto. Per lui siamo costretti a recuperare termini forti ai quali oggi non siamo più abituati. Sacrificio supremo perché è noto che il dottor Pagliariccio è morto per una malattia contratta nel corso di una delle migliaia di operazioni da lui effettuate, per un caso di “epatite” grave.
E allora questa sua vita così spesa diventa per noi tutti una provocazione, una staffilata soprattutto per il nostro tempo in particolare, un tempo così ormai inesorabilmente vocato all’arrivismo, al successo, all’egoismo diffuso, alla visibilità ad ogni costo: il tempo della televisione e dell’immagine, del presenzialismo. La sua è stata invece una presenza seria reale tenace quotidiana notturna silenziosa modesta umile, direi proprio di tipo francescano, che ha incarnato una visione compiutamente cristiana. In tal senso suona ancora inevitabilmente come una provocazione.
Era quindi giusto che, seppure dopo tanti anni e in tempi così profondamente diversi non solo per la sanità ma per la società intera, questa figura fosse riproposta. Ha ragione il sindaco quando dice “il nostro dottore”, perché è una nostra gloria, è un nostro orgoglio. Tuttavia questo libro vuole essere una testimonianza vivente per la società intera, non solo per le Marche ma per la società italiana, per la medicina italiana in particolare. Certo nota bene Mons. Sgreccia nella sua prefazione che oggi anche se esistesse una figura come la sua non potrebbe esplicare la propria attività, perché le condizioni giuridiche, organizzative introdotte dalle successive riforme sanitarie sostanzialmente gli impedirebbero questo tipo di presenza. Dobbiamo riconoscere che allora questo è stato possibile in una situazione di preriforma, quando l’ospedale, in questo caso di Corinaldo, godeva di una sua gestione autonoma per cui Pagliariccio per quasi venti anni è diventato l’ospedale. Sì, c’era un consiglio di amministrazione, c’erano un segretario, un presidente, ma tutti finivano con l’essere soggiogati da lui, dal suo esempio, compresa la sua stessa équipe medico-chirurgica: soggiogati da questa presenza irresistibile. Nessuno poteva tirarsi indietro quando lui per primo chiedeva a se stesso l’impossibile, specialmente i giovani chirurghi rimanevano perplessi all’inizio, poi ammirati e poi finivano col seguire questa esperienza. E non solo i chirurghi, ma anche gli altri primari, di medicina, dei servizi di anestesia, di radiologia e di laboratorio analisi, finirono col creare un équipe unica ed eccezionale, irripetibile e irripetuta.
E’ quindi qualcosa di più che una semplice testimonianza il nostro lavoro, di Paola Polverari e mio. Esso ha voluto proprio riproporre una dimensione del vivere che ci ha fatto paragonare il dottor Pagliariccio, e non appaia un’ esagerazione, al dott. Schweitzer in un contesto certo diverso ma non meno difficile, ed una prova vivente di questo che sto dicendo è data dal fatto che oggi nessuno potrebbe realizzare una esperienza di questo genere nel contesto italiano. Ecco perché chi vuol fare come lui, chi vuol seguire le sue impronte di totale dedizione. Deve seguire altre strade. Ne abbiamo l’incarnazione nel figlio, il dott. Gabriele Pagliariccio il quale, per fare come il padre, e benché sia un noto chirurgo che lavora all’Ospedale Regionale di Torrette, impiega le proprie ferie insieme alla moglie per prestare servizio nei luoghi più sperduti, in particolare in Perù in un ospedale posto a 3000 metri di altezza di cui nel testo vedete la fotografia. Quindi quando faccio il paragone con il dott. Schweitzer, quando abbiamo usato questo alto paragone, non è stato un eccesso.
Aggiungo che questo libro proprio per questi motivi e per la ricchezza enorme delle testimonianze – sono centinaia e centinaia che sono pervenute alla famiglia – questo libro è una scoperta. Lo è stata per noi che l’abbiamo scritto, sarà una scoperta sicuramente per tutti quelli venuti dopo, per le nuove generazioni che non l’hanno neppure sentito nominare. Deve essere una scoperta per quelli che avranno occasione, io mi auguro per loro la fortuna, d’incontrarsi con questo personaggio. Ma la cosa più inaspettata di questo libro è la scoperta anche per quelli che lo hanno conosciuto, perché ciascuno di loro (paziente, collega, familiare perfino) ha finito finché egli era in vita col comprenderne appieno soltanto una parte, una dimensione, una frazione di questo personaggio.
Rileggendo oggi il libro che accomuna ed assembla tutte queste testimonianze anche loro, anche noi scopriamo chi era davvero per tutti, chi è stato davvero per tutti il dott. Pagliericcio, non secondo un’angolazione particolare costruita sulla base di una propria più o meno limitata esperienza. Noi ci auguriamo che questo libro svolga proprio questa funzione.
Né va dimenticato che egli, con la sua dedizione così totale ha finito con l’ anticipare non in sede teorica, ma in sede davvero pratica e comportamentale una delle problematiche più attuali di oggi nella medicina, mi riferisco alla bioetica ed alle problematiche della eutanasia. Non è un caso che a concludere i lavori della presentazione sarà Mons. Elio Sgreccia, che è la massima autorità cattolica in materia di bioetica, termine che allora neppure conoscevamo e che oggi si è tanto diffuso. Ebbene Pagliericcio, e lo testimoniano alcuni episodi che qui sono riportati, è stato un antesignano delle prese di posizione in materia di bioetica con l’esempio della sua vita quotidiana che qui ci riconduce al titolo del libro, “Una vita per la vita”. Essoi può suonare come uno slogan fortunato, già presente nel cosiddetto ricordino che la famiglia aveva preparato dopo la sua scomparsa. Non ci può essere espressione che più sinteticamente di questa possa far capire che cosa è stato il dottor Pagliericcio.
C’è veramente il secondo ringraziamento da rivolgere alla famiglia che si è rivolta a me sulla fiducia per questo lavoro di raccolta di testimonianze. Ma quasi subito accingendomi ad esso, mi sono reso conto che ci voleva accanto a me qualcun altro, in particolare una donna che parlasse del dottor Pagliariccio il quale non è stato solo primario chirurgo ma anche primario ostetrico e ginecologo. Migliaia sono stati i parti da lui eseguiti a Corinaldo, alcuni difficilissimi o impossibili, ma sicuramente sono stati migliaia e quindi il rapporto che lui ha avuto con le pazienti in questi casi è stato un rapporto che sapeva creare una fiducia totale, direi un abbandono alle sue mani. Ci voleva dunque anche una donna con la sua sensibilità, soprattutto perché le donne sono per loro vocazionale natura portatrici di vita e quindi questa fiducia che era stata riposta in me è stata giustamente estesa anche a Paola Polverari: scrive di storia ed ha pubblicato l’anno scorso un libro importante, ma ha avuto questa esperienza diretta con il dottor Pagliariccio che ha assistito al parto dei tre primi nostri figli per cui mi è sembrata una testimone ideale. E’ lei che ha sostenuto il peso del lavoro attorno alla raccolta ed all’organizzazione delle testimonianze. A lei lascio la parola.
“La lettura delle testimonianze ha spesso una natura più popolare. Esse arrivavano in maniera anche scorretta e sono state quelle che mi hanno colpito di più e mi hanno dato la spinta proprio a citarle tutte anche in forma diretta come è stato fatto. Mi dispiacerebbe se la popolazione ritenesse che alcune cose sono state omesse così arbitrariamente, in realtà tutto quello che è arrivato è stato pubblicato, quello che non è arrivato non è stato pubblicato ma non per nostra scelta o per scelta della famiglia, ma perché non sono arrivate le testimonianze. Per il resto ci pare che anche una sola frase, anche una sola citazione espressa in corsivo proprio per dare al lettore la possibilità di distinguerle, abbia dato giustizia soprattutto della semplicità ma anche dell’onestà con cui le testimonianze sono state date, anche su cose delicate, anche su argomenti e situazioni estremamente delicati sono state messe per iscritto e di questo coraggio diamo atto alla popolazione che ci ha permesso di dare le testimonianze agli altri.
Siamo stati molto perplessi perché alcuni nomi li abbiamo fatti per intero, per esempio di personaggi pubblici o medici o infermieri. Di altri invece non abbiamo dato nome e cognome perché erano testimonianze a volte così intime, così personali che ci sembrava poco rispettoso esporle al pubblico. Anche perché avrebbe appesantito il testo ogni testimonianza con il nome, quindi speriamo che molti lettori non si risentano per non vedere il proprio nome scritto. C’è però un elenco dei ringraziamenti in cui tutti quelli che hanno partecipato sono elencati.
Anna Maria Marcolini: “Scorrendo gli scritti ci si è aperto un mondo che non conoscevamo. A casa erano momenti di serenità e in quel poco tempo che trascorrevamo assieme ci si confrontava sulle vicende della famiglia, dei nostri figli e difficilmente Alfonso parlava di quanto accadeva in ospedale. Sono davvero grata a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo volume”.
“Questo libro è anche utile per comprendere – spiega De Iasi – come il sistema sanitario sia tanto cambiato nel giro di 25 anni, basti pensare che Alfonso Pagliariccio ha ottenuto il primariato in appena 9 anni con due specializzazioni, oggi sarebbe impensabile”. Il libro verrà presentato e messo a disposizione del pubblico presente presso il teatro Comunale “Carlo Goldoni”, sabato 12 maggio 2007.
Interverranno il sindaco, il vescovo di Senigallia Mons. Giuseppe Orlandoni e gli autori del testo. Concluderà gli interventi Mons. Elio Sgreccia (Presidente della Pontificia Academia Pro Vita), autore della prefazione del libro. Moderatrice, Franca Zambonini, giornalista di Famiglia Cristiana.
Alle 16, presso la Residenza Socio-Assistenziale (R.S.A), verrà posta una targa dedicata al dott. Pagliariccio, alla presenza delle autorità tra cui il dott. Roberto Malucelli, direttore A.S.U.R. Marche.

Ilario Taus

Redazione Valmisa
Pubblicato Giovedì 10 maggio, 2007 
alle ore 19:00
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