Lutto a Corinaldo per la scomparsa di Benito Sartini
Benito Sartini, persona molto conosciuta a Corinaldo, in particolare nella contrada di San Domenico, è deceduto alcuni giorni fa. Eppure 78 anni non li dimostrava proprio: quanta tristezza e quanta incredulità alla notizia della sua scomparsa!
Lo conoscevo di vista da tanti anni, ma l’ho conosciuto di persona solo l’anno scorso. Il sorriso umile, lo sguardo buono, le poche parole di chi bada all’essenziale, queste cose mi hanno colpito subito di lui. Lo abbiamo incontrato per un progetto sulla memoria storica locale, al quale è stato contento di partecipare, raccontando un po’ della sua vita, che è stata attraversata da tutti i più importanti eventi della storia italiana.
Da bambino ha visto la guerra in casa, si è nascosto nei rifugi e ci ha portato a vedere il posto dove una mattina del 1944 hanno ritrovato alcuni cadaveri. Ha fatto il contadino, quando c’era la mezzadria si divideva tutto a metà, ma poi veramente la divisione non veniva mai a metà, il padrone, ci ha raccontato, tendeva sempre a portare di più dalla sua parte.
Poi è emigrato a Milano, ha lavorato in diversi posti. “Ma è stata dura lasciare Corinaldo?” Gli ho chiesto. “Non più di tanto – mi ha risposto – perché avevo dei parenti a Milano, quindi ero organizzato, a fare il contadino era dura e si guadagnava poco, sono dovuto partire“.
Ma poi, quando l’ho incontrato di nuovo per portargli il DVD con l’intervista, senza videocamera che riprendeva, mi ha confidato che invece partire da Corinaldo per andare a lavorare a Milano è stata dura. E’ stato difficile. Avrei voluto fare un’altra chiacchierata con lui. Ad esempio avrei voluto chiedergli com’è stato il ritorno a Corinaldo, se dopo quasi venti anni ha ritrovato lo stesso paese o invece ha visto tutto cambiato? Il ritorno a Corinaldo dev’essere stata un’esperienza particolare, lui così attaccato alla sua terra, alla sua contrada, alla chiesa di San Domenico. Abbiamo fatto l’intervista proprio nella sagrestia della chiesa, che forse era per lui come una seconda casa.
Ogni tanto vado a passeggiare a San Domenico, lungo la strada che costeggia il fiume, dove ci sono alcune querce grossissime, forse due persone non bastano ad abbracciare il tronco.
Quelle querce ne hanno viste passare tante, come gli anziani che hanno visto cambiare il mondo in pochi decenni. E quando le radici sono forti si superano le difficoltà. E si riescono a raccontare anche storie di guerra e di emigrazione con la leggerezza di un lieve sorriso.
da Massimo Bellucci
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