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“Il tesoro ritrovato. La tomba del Principe di Corinaldo”: torna l’elmo principesco

Nuovamente in mostra dopo il restauro completo

Elmo principesco restaurato

La mostra archeologica “Il tesoro ritrovato. La tomba del Principe di Corinaldo”, inaugurata lo scorso luglio, torna fruibile nella sua pienezza dopo il completamento della seconda fase di restauro del bellissimo elmo principesco.

Il reperto era stato esposto durante la prima parte della mostra con solo alcuni elementi tra quelli ritrovati durante gli scavi. Ora finalmente è possibile vedere l’elmo pressoché completo dopo l’accurato lavoro fatto presso il Laboratorio di restauro del dipartimento di Storia, Cultura e Civiltà sede operativa di Ravenna del Corso di laurea magistrale in conservazione e restauro dei beni culturali dell’Università di Bologna. Le attività di restauro, curate dalla prof. Isabella Rimondi, hanno coinvolto numerosi studenti del Corso.

Questo nuovo intervento dà ancora più importanza all’esposizione che accoglie una selezione dei reperti rinvenuti in località Nevola dove, nel 2018, è stata riportata alla luce una necropoli picena con una tomba principesca risalente al VII sec. a.C. Il percorso espositivo presenta dodici pezzi – tra cui armi e oggetti simbolo collegati al rango del defunto e alla ritualità funeraria – accompagnati da immagini, disegni ricostruttivi e da fotografie d’autore che hanno documentato le attività di scavo.

Va ricordato che, visto il successo di pubblico, la mostra è stata prorogata fino al 31 gennaio 2023

I dodici reperti, un numero esiguo rispetto al totale rinvenuto, documentano la ricchezza della sepoltura e del personaggio celebrato: un leader politico, militare ed economico dell’ambito culturale piceno di VII secolo a.C. Una selezione delle componenti ideologiche più rappresentative del corredo e della sua molteplicità di significati: un elmo e uno schiniere celebrano la dimensione del potere politico e militare, il carro simboleggia il possesso terriero, la cerimonia del banchetto funebre è rappresentata dai contenitori per accogliere e versare cibi e bevande, e il sacrificio carneo con le pratiche del taglio e della cottura delle carni animali dedicate viene evocato dall’ascia, dagli spiedi e dagli alari.

Le ricerche, dirette dal Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Ateneo bolognese, si inseriscono nel Progetto ArcheoNevola che, dal 2017, studia la Valle del Nevola e delle sue antiche dinamiche di popolamento. La scoperta nasce durante un sorvolo lungo la valle del Nevola, quando gli archeologi si accorgono di due tracce circolari, esempi di “cropmarks” che richiamano i fossati anulari di celebri necropoli delle Marche meridionali come quelle di Matelica o Fabriano. È così partita una campagna di indagini non invasive che hanno fornito una descrizione dettagliata e puntuale di ciò che era sepolto e di poter programmare le operazioni di scavo.

In mostra ci sono anche gli scatti del fotografo professionista Pierluigi Giorgi che documentano le varie fasi della scoperta e del rinvenimento archeologico, oltre al lavoro quotidiano di archeologi, restauratori, specialisti e tecnici.

La mostra, a cura di Federica Boschi e Ilaria Venanzoni, racconta al pubblico questa importante scoperta archeologica, rendendo note anche ai non specialisti tutte le metodologie adottate e il lungo e laborioso lavoro che si nasconde dietro a uno scavo, omaggiando la comunità locale che ha sempre dimostrato un profondo interesse e coinvolgimento culturale.

L’evento è promosso dalla Regione Marche e dal Comune di Corinaldo in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche e l’Università di Bologna.

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