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Quando le credenze popolari parlavano di demoni, streghe e sacrifici umani

La lunga riflessione di Giancarlo Barchiesi è un viaggio in credenze lontane

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Tendarreda - Le tende di tendenza - Pesaro
Palazzo Menchetti ad Ostra

Quando ancora la conquista e l’esplorazione della luna erano un sogno irraggiungibile e la televisione era un oggetto sconosciuto, la vita quotidiana per lo più era passata nei campi; lì, tra la gente, viveva e si moltiplicavano i “demoni”.

Le varie leggende, credenze e, se volete, vere e proprie convinzioni suffragate da esperienze personali o (a limite) familiari, si tessevano e si accavallavano tra loro raggiungendo mete irreali e fantastiche e superando i limiti della realtà. Lo spettro del demonio prendeva forma ed ogni rumore o fatto casuale fuori del normale era spunto di apprensione e paura. I luoghi inesplorati, isolati e deserti erano i prescelti; insomma tutto si celava dietro un vetro appannato tanto da sembrare – almeno per la maggior parte -irraggiungibile. È in questa atmosfera che per svariati secoli sono vissute le più belle credenze popolari che oggi la velocissima macchina del tempo vuol schiacciare e dimenticare.

Di tesori nascosti custoditi da “Belzebù'”, ce ne sono un infinità nelle nostre zone: “bocce e telai” tutti d’oro, scrigni stracolmi di pietre preziose, ricchezze a non finire, tanto da far ricchi migliaia di persone. “Tizio” c’è arrivato, “Caio” sa dov’è, ma mai nessuno n’è uscito indenne sottraendo al “Guardiano” un piccolo ricordo, magari, da regalare alla sua Signora. Dicono: “Il tesoro c’è, è del diavolo, nessuno lo può toccare o sottrarre”. Tra amici: “Sotto il pavimento di quella Chiesa (loc. S. Giovanni-Ostra) c’è un tesoro!” Un sorriso malizioso, una mossa di spalle in segno di poca importanza e, già alle prime ombre della notte, con altri fedelissimi e più fidati si andava a scavare. “Per andare sul paese (Ostra) di notte non passare per la corta… Sopra la quercia – bella, (loc. Santa Maria Apparve) la notte si trovavano le “Streghe! ” “Ma che dici?” Rispondeva l’altro e, via subito la sera “appresso” si passava altrove.

Le leggende a non finire, le credenze e le convinzioni popolari indicavano la via e nascondevano le vere preoccupazioni di tutti i giorni.

Si racconta che la sera tra il 23-24 giugno (festa di S. Giovanni) “le streghe”, di solito raffigurate come un vampiro o un’arpia, (di sesso femminile) immaginate in genere vecchie, bruttissime e ripugnanti, fornite di poteri magici, in stretto rapporto con il demonio e volte a fare il male, si riunissero nell’omonima località di S. Giovanni (Ostra) all’ora x per consumare riti osceni e blasfemi di magia nera.

I soliti bene informati sostengono che i riti fossero diretti da individui esaltati predisposti all’autosuggestione (e in ogni caso influenzati, sotto la tortura, dei preconcetti dei giudizi stessi) i quali in sostanza rispettavano quanto avevano udito narrare a riguardo.

È altrettanto possibile che l’impiego di “unguenti (definiti) magici” a base di “belladonna” o altre sostanze tossiche producesse allucinazioni che prendevano la forma della visione di un “Sabba” (supposto convegno notturno presieduto dal diavolo).

Le streghe vi giungevano a cavallo di una scopa, prestavano osceno omaggio al diavolo, presente normalmente in un capro nero, in genere a tre corna, e una delle componenti imprimeva il marchio su tutte le intervenute; seguiva un festino sacrilego; Un’orgia mostruosa, raccontano i soliti ben informati, concludeva i riti. La nota particolare va a tutti i curiosi i quali venivano sfregiati e sfigurati. “Ciò è vero” dicono “infatti nel passato se ne sono occupate le autorità religiose ed hanno eretto nel luogo una Croce.”

Noi ci siamo stati e la Croce l’abbiamo trovata! I contadini e gli abitanti della zona nel frattempo, continua il racconto, avevano collocato ad ogni crocevia un ramo di fico a coda di rondine come auspicio per tener lontano queste creature immonde; si racconta pure che in quella notte le ragazze, volte al matrimonio si univano al partner quale migliore auspicio propiziatorio per le nuove nascite. Sembra anche che le varie “maschere” sopra gli ingressi principali dei palazzi gentilizi dovrebbero essere tenuti in rapporto a credenze o ad avvenimenti singolari. Mentre termino questo racconto una brezza mi avvolge alle spalle, sarà forse passata una Strega!

Oggi invece sta sempre prendendo più campo la festa di “Halloween”. Arrivata in questi ultimi lustri è stata festeggiata in un primo momento all’interno delle discoteche e nei pub, poi solo di recente è uscita all’aperto e sta diventando una sorta di “carnevale” autunnale. A Ostra questa viene festeggiata con il nome Notte degli Sprevengoli ed è nata nel 1998 per iniziativa dell’allora assessore alla Cultura Paola Candi.

È l’ultima notte di ottobre. Al chiaro di luna, gruppi di persone mascherate si aggirano da un luogo all’altro impersonando le tenebre che verranno poi vinte al chiarore della luce con l’esaltazione della festa dei Santi celebrati il giorno seguente.

Di origini celtica ed anglosassone il termine “Halloween” proviene da un’antica espressione inglese: “All Hallows E’en” che significa appunto, vigilia del giorno di tutti i santi. Il 31 ottobre poi, per questi popoli era anche l’ultimo giorno dell’anno abbinato ad una delle antiche feste del fuoco. Nel calendario della Chiesa la festa di Ognissanti cade il 1 novembre, a testimonianza della sottile linea che separa e separava il folclore pagano dalle usanze della Chiesa. Anche il 25 dicembre in origine fu una data “pagana”, si festeggiava il Dio Sole, data che venne assorbita e cambiata dal mondo Cristiano con la ricorrenza della nascita di Gesù.

I Celti festeggiavano Samhain, il signore dei morti, che si credeva quella sera permettesse il ritorno a casa delle anime di coloro che erano morti l’anno precedente. Ecco perché nel corso della festa si accendevano enormi falò per scacciare i demoni, le streghe e per placare le anime dei defunti venivano sacrificati gli animali e altri prodotti della terra.  A volte si arrivò all’inverosimile con sacrifici umani, esasperazione di un momento di festa e gioia.

Quando i Romani conquistarono i celti si immedesimarono anche nelle loro tradizioni e aggiunsero alla ricorrenza altri riti pagani. La festa autunnale celebrata in onore di Pomana, la dea degli alberi dei frutti, è quella da cui probabilmente deriva il largo uso delle mele nei festeggiamenti di Halloween come il cercare di prendere con i denti mele galleggianti sull’acqua o sospese al filo. Per secoli i Romani pregarono i loro morti nel Pantheon, il tempio dedicato alla dea Cibele e ad altre divinità romane. Nel 610 la svolta, quando l’Imperatore Foca offri il tempio in dono a papa Bonifacio IV che lo consacrò a Maria e ai martiri della Chiesa. Nel 837 Papa Gregorio IV istituì in tutta la Chiesa la festa di Ognissanti, assorbendo e cristianizzando anche le usanze dei popoli anglosassoni. Pertanto con un solo gesto di diplomazia ecclesiale, avvenne il connubio tra la festa interamente pagana con tutte le sue usanze e il culto secolare dei morti praticato dalla Chiesa.

Ecco allora come si è arrivati a questa notte ove gli spettri, streghe, scheletri e tante altre cose tipiche delle tenebre sono state rese simpatiche dalla gioia dei bambini con il “dolcetto o scherzetto”.

Davanti alla soglia delle case ci sono anche le macabre zucche foggiate a testa di morto, illuminate da candele fatte con grasso animale. Certo tutto ciò ha finito per affascinare anche i più grandi che, indossando i costumi “sacrileghi”, trasformano questo cupo periodo dell’anno in una giostra carnevalesca capace di sorprendere noi stessi con la semplicità del cuore e del gusto di stare bene con gli altri.

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