Corinaldo: Riaperto il Chiosco di Viale dietro le Monache
Il 1° aprile 2007, ha riaperto ufficialmente il “Chiosco di viale dietro le Monache”, gestito da tre giovani di Roma: Cinzia, Marco e Paolo e da Erica residente a Ripe. Il Chiosco, una volta detto “Il Pincetto”, fu costruito a ridosso dello “Sperone” (opera dell’architetto senese Francesco di Giorgio Martini). L’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni, grazie all’interessamento dell’allora Direttore Centrale dei servizi postali dr. Enrico Veschi, emise per il giorno 2 settembre 1989, un francobollo celebrativo appartenente alla serie tematica “il patrimonio artistico e culturale italiano” dedicato a Francesco di Giorgio Martini del valore da lire 500.
Detto francobollo, oggi introvabile, è stato stampato dall’Officina Carte e Valori dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, in calcografia ed offset, su carta fluorescente, non filigranata; formato carta: mm 40 X 48; formato stampa: mm 36 X 44; dentellatura: 14; colori: policromia ottenuta con tre colori offset ed un colore calcografico: tiratura: quattro milioni di esemplari; foglio, venticinque esemplari. La vignetta raffigura un particolare delle mura di Corinaldo realizzate dall’architetto Francesco di Giorgio Martini. Sul francobollo figurano le legende “Francesco di Giorgio Martini – 1439 – 1502” e “Mura di Corinaldo”, la scritta “Italia” ed il valore “500”. Bozzettista ed incisore: Piero Nicolò Arghittu del Centro Filatelico dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stata. Il Soprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici delle Marche Dr. Arch. Maria Luisa Polichetti nella scheda tecnica che accompagnava l’emissione del francobollo scriveva: “Francesco di Giorgio Senese…persona non meno dotata di buona facoltà che di raro ingegno… diede anco opera alla pittura, e fece alcune cose, ma non simili alle scultura. Nell’architettura ebbe grandissimo giudizio, e mostrò di molto bene intender quella professione…Fu Francesco grandissimo ingegnere e massimamente di macchine da guerra…”
Il giudizio espresso dal Vasari nella sua Vita di Francesco di Giorgio Martini riesce a rendere appieno la personalità eclettica e versatile di questo artista, peraltro già citato con altissime lodi da alcuni scrittori contemporanei.
Formatosi nell’ambiente senese del secondo Quattrocento – in quella città egli era nato il 23 settembre 1439 – spese la sua giovinezza in un susseguirsi di esperienze eterogenee nell’esercizio delle varie arti, affinando nel contempo le sue conoscenze sull’architettura classica: lesse e tradusse Vitruvio e potè studiare e confrontarsi direttamente coi monumenti antichi.
Raggiunta una particolare competenza e fama, nel 1477 è documentata la sua presenza presso la corte urbinate dove, con ogni probabilità, doveva essersi già recato, per uno o più periodi se pure non molto lunghi, in precedenza. Ad Urbino, “a servizio dell’illustrissimo Duca”, attese quale ingegnere militare alla realizzazione ed alcune importanti strutture difensive nell’ambito de ducato. Tra queste sono state sicuramente progettate e realizzate dal senese le rocche di Cagli e di Mondavio, mentre altre fortificazioni, come quella di San Leo e Sassocorvaro, gli sono state semplicemente attribuite.
Succeduto nel frattempo al Laurana nella direzione dei lavori per la fabbrica del Palazzo Ducale, già peraltro sostanzialmente portata a compimento prima del 1477, ebbe senz’altro modo di dare il suo contributo in quegli interventi di adeguamento e miglioramento funzionale e tecnologico richiesti dalle mutate esigenze della vita di corte. Egli stesso nei suoi Trattati descrive la grande stalla realizzata per il duca nella parte a valle verso il Mercatale, nonché gli accorgimenti usati per migliorare la distribuzione funzionale degli ambienti di servizio alla residenza, nonché i particolari accorgimenti adottati nel sistema di approvvigionamento idrico e di sfoltimento delle acque.
Contemporaneamente al suo prolungato soggiorno urbinate, la sua presenza è documentata ad Ancona (1484) ove disegnò il Palazzo degli Anziani, ora Palazzo del Governo, e a Jesi (1486) ove progettò e realizzò il Palazzo della Signoria.
Durante la sua lunga permanenza nel territorio marchigiano ebbe senz’altro occasione di spostarsi in vari centri per fornire specifiche consulenze circa l’edificazione di nuove strutture difensive. Alcuni studiosi locali hanno quindi avanzato la suggestiva ipotesi che durante questi suoi spostamenti, in particolare tra Mondavio e Jesi, sia stato in qualche modo coinvolto nel restauro ed ampliamento delle trecentesche mura di cinta di Corinaldo, effettuato appunto tra il 1484 e il 1490.
In particolare alcuni storici attribuiscono al diretto intervento di Francesco di Giorgio il puntone pentagonale di settentrione, anche se le caratteristiche del manufatto non sembrerebbe rientrare nella tipologia architettonica martiniana. Resta comunque il fatto che, come si evince dalla puntuale descrizione che delle mura stesse fa lo storico Vincenzo Maria Cimarelli nelle sue “Istorie dello Stato di Urbino”, Brescia 1642, la particolare complessità dell’opera richiese indubbiamente la presenza di una personalità di comprovata esperienza sotto il profilo ingegneristico.
Le mura di Corinaldo che godono la fama di essere tra le più belle – sicuramente le meglio conservate – di tutte le Marche, si sviluppano con un perimetro di circa 900 metri, tuttora integro, ed un’altezza variabile dai 5 ai 25 metri. Nel loro circuito di aprono tre porte (Porta di Sopra, Porta di Sotto e Porta Nuova); due baluardi poligonali, tre possenti torrioni semicircolari e cinque torri di guardia unitamente al già citato sperone “Martiniano” ne scandiscono il circuito.
La cinta più antica, risalente al 1366, fu restaurata ed ampliata – come già detto – in sei anni, con inizio dal 1484, e perché i Corinaldesi potessero attendere a tale opera, narra il citato storico Vincenzo Maria Cimarelli, Papa Sisto IV con un Breve del 9 Febbraio di quel medesimo anno, li esentò per alcuni anni “dai Tributi soliti e da ogni altra gravezza”.
“Hoc opus completum fuit Anno 1490, mensis Julij” testimoniva una lapide che al tempo in cui Cimarelli scriveva faceva mostra di sè sopra alla Porta Nuova.
Ilario Taus
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