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“Fine vita. In nome del diritto uccidono la pietà”

Il Dr. Olivetti del Centro Culturale S. Romagnoli di Ostra critica la legge regionale della Toscana recentemente approvata

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Dopo il voto in Toscana sul suicidio assistito, dobbiamo aspettarci altre forzature per costringere il Parlamento a fare una legge. È la solita strategia dei radicali. Ma così non saremo più liberi, ma meno.

Pare che il governo impugnerà legge regionale sul fine vita delle Regione Toscana. La motivazione è presto detta: non è competenza delle Regioni legiferare su tale materia (è ciò che, già nel caso veneto, aveva sostenuto l’avvocatura di Stato ed è il cuore del ricorso presentato in Emilia Romagna).

Il governatore toscano Eugenio Giani ha fatto il finto tonto. Prima del voto – anche per evitare rimostranze tra i suoi consiglieri più moderati e obbedire alle direttive di Elly Schlein – ha presentato il testo come “semplice attuazione sul piano amministrativo di quello che ci dice la sentenza della Corte costituzionale”; poi, ha ribadito di non volere trasformare la Toscana nelle “Svizzera d’Italia”.

È chiaramente un imbroglio, qui si gioca con le parole. Come con le parole giocano Riccardo Magi di +Europa che ha parlato di “diritto al suicidio già sancito dalla Corte costituzionale” (non è vero) e molti esponenti della sinistra e i grillini che rimproverano il parlamento di non aver fatto ancora una legge.

Questo è il punto della questione e l’obiettivo dell’azione dei radicali, della sinistra e di quei governatori (leggi: Zaia) che si sono prestati a questa evidente forzatura. E qui sta il vero pericolo di tutta questa operazione: dai e dai, obbligare il parlamento a “fare” una “legge necessaria” (e ci sarebbe da discutere sia sull’obbligo di legiferare sia sulla “necessità”, come diremo tra poco, di approvare una norma in tal senso).

Tutto spinge verso questa direzione. In Veneto, Lombardia, Friuli Venezia-Giulia e Piemonte la proposta di legge dei radicali è stata rigettata in commissione. In Emilia-Romagna – grazie al trucchetto Bonaccini – è passata con una delibera contro cui sono ricorsi il governo e la consigliera Valentina Castaldini. Ma intanto il cerchio si stringe: in Valle D’Aosta, Lazio, Campania, Sardegna, Abruzzo la pdl deve ancora iniziare il suo iter.

È la solita strategia dei pannelliani: usare casi singoli e lacrimevoli di persone malate e forzature legislative per costringere gli avversari a presentare una legge. Poi, anche di fronte a un testo di compromesso, ci penseranno la martellante propaganda mediatica e i tribunali a far slittare la norma verso interpretazioni più libertarie (la 194 – aborto – e la 40 – pma – non ci hanno forse insegnato qualcosa?).

Il suicidio non è la soluzione.

Bisogna continuare a “ribadire con forza che il suicidio non è la soluzione alla sofferenza”. Lo ha detto anche con particolare efficacia Giuseppe Anzani in un commento su Avvenire: “Lenire il dolore, trattarlo, sopprimerlo il più possibile, è dovere umano. E non è fatto di sole cose, di analgesici e di anestetici necessari, è fatto di presenza, è fatto di cura, di accompagnamento, di comprensione profonda. Ma quanta differenza, quanta irritazione ci prende per l’ipocrisia di chi brandisce il dolore malato come prototipo d’un male che può troncarsi nel suicidio, prototipo anch’esso di una ideologia libertaria che ispira un volontariato di aiuto alla morte”.

Dr. Giuseppe Olivetti

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