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“Per un budello torto!”

Massimo Bellucci racconta da Corinaldo le proprie esperienze a contatto con la sanità locale

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Sanità, salute

Di seguito un articolo che avevo inviato alla redazione di Informattiva Corinaldo, giornalino dell’amministrazione comunale corinaldese, ma che – mi è stato comunicato – non verrà pubblicato.

Racconterò alcuni fatti sulla sanità locale che ho vissuto negli ultimi anni assistendo i miei genitori malati. Ma prima un aneddoto; nei racconti degli anziani, una frase, tra le tante, mi è rimasta impressa: “Poretto, è morto, gli si è torto il budello!”

Forse era una banale appendicite non curata, in tempi in cui non esisteva ancora il servizio sanitario nazionale.

Veniamo alla mia esperienza. Alcuni ambulatori medici a Corinaldo sono stipati in un corridoio angusto, dove i pazienti, spesso anziani, stanno ammassati per ore aspettando il proprio turno, con orari a mio parere risicati, spesso non rispettati. Al telefono sovente non risponde nessuno. Dopo numerose chiamate risponde la segretaria che ascolta il problema e dice che riferirà al medico. Come risposta a volte arrivano alcune righe di mail, altre volte il medico richiama in serata, o dopo diversi giorni; nel frattempo (è capitato) il familiare viene ricoverato in ospedale senza un preventivo consulto. E comunque la chiamata è sempre da un numero nascosto, così se per qualsiasi motivo non posso rispondere (ad es. sto guidando), non è possibile richiamare. Inoltre: visite domiciliari rarissime negli anni. A volte ho dovuto ad aspettare le otto di sera, quando scatta la guardia medica, per avere una visita.

Il medico dell’ospedale rimbalza le responsabilità al medico di famiglia: “deve venire a casa il suo medico a visitare il paziente!” E il medico di famiglia: “dovevano tenerlo in ospedale!” Alla fine l’anziano non è adeguatamente curato né dall’uno né dall’altro.

Far venire un infermiere a casa per fare una iniezione è possibile, ma è un’impresa: ritirare l’impegnativa dal dottore (fila), poi portarla agli infermieri (se sono già usciti ritornare); gli infermieri a volte riscontrano imprecisioni, quindi rimandano indietro la prescrizione al familiare del paziente per farla correggere (ancora fila) e la si rimanda di nuovo. Ore ed ore.

Parecchie volte sono partito da casa e fatto chilometri semplicemente per andare a prendere un foglio nell’ambulatorio medico e portarlo ad una infermiera o ad una segretaria, che è dall’altra parte della strada. Qualcuno dirà: manda una mail! Impossibile: il medico di famiglia manda al paziente via mail ad es. la richiesta di prelievo a domicilio, ma gli infermieri di Corinaldo non hanno un indirizzo mail, quindi bisogna stampare l’impegnativa e portarla a mano, nell’orario di apertura che è mattutino, non proprio comodo per chi lavora.

Un enorme spreco di tempo che si avrebbe il diritto di passare insieme ai genitori anziani, nell’ultimo scorcio della loro vita. Mi è stato detto: hai ragione, ma non conviene esporsi.

Ma io non intendo sindacare la professionalità dei vari operatori, che rispetto, anzi, ho avuto modo di conoscere medici, infermieri e operatori sociosanitari competenti, che ho ringraziato di persona. Ma mi sembra evidente che ci sia un problema organizzativo (e politico).

La mia esperienza è stata un po’ questa, ma potrei dire molte altre cose, anche sui vari ospedali (Senigallia, Ancona), visite specialistiche, richieste di sussidi ecc.

Eppure il servizio sanitario nazionale è stato una grande conquista: perché non viene valorizzato?
Vogliamo tornare ai tempi in cui si moriva per un budello torto?

Massimo Bellucci.

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