La partigiana Giulia Giuliani e il suo arresto
ANPI Trecastelli ci propone, a 79 anni di distanza, la vicenda della donna a cui è intitolata la sezione di Senigallia
Il 7 giugno 1944 Giulia Giuliani, fu arrestata. Unica colpa, essere la “fidanzata” di un partigiano, Domenico Torregiani.
Quel giorno di 79 anni fa la famiglia Giuliani si ritrovò in casa un nutrito gruppo di soldati nazisti e alcune camicie nere che volevano portarsi via Giulia. Erano settimane che cercavano di catturare e uccidere il suo fidanzato che abitava in via Consolazione a Ripe.
“Ero piccolo, avrò avuto otto anni o poco più ma ricordo molto bene.” – Racconta Elio, fratello più piccolo di Giulia – “Mi avevano spinto in un angolo e intimato di rimanere zitto e fermo! Ero rimasto sorpreso di come mio padre, che conosceva un pochino di tedesco (imparato in campo di prigionia durante la Prima guerra mondiale) fosse stato abile nel trattare con i tedeschi, da riuscire ad ottenere il permesso di accompagnare mia sorella”.
Il padre con Giulia accanto, furono condotti lungo le strade di Pianello di Ostra, in una “macabra sfilata” perché tutti potessero vedere cosa succedeva a chi aiutava il movimento partigiano. Infatti, la notizia dell’arresto aveva radunato diverse persone ai lati delle strade, alcune delle quali, raccontava Giulia, fumavano tranquillamente con facce soddisfatte.
Giunti al comando militare di Ancona, furono sottoposti ad interrogatorio che durò per ore. Stavano per essere rilasciati, quando, arrivata una misteriosa telefonata, Giulia fu trattenuta, mentre il padre fu rispedito a casa. A causa delle sue precarie condizioni di salute, fu dapprima portata all’ospedale di Osimo e poi trasferita alle carceri di Forlì. Fu sottoposta, per giorni, a continui interrogatori, che sopportò con molta forza e coraggio, rispondendo sempre in maniera molto credibile. Sapeva dove Domenico fosse nascosto? È una domanda a cui non sappiamo rispondere con certezza; molto probabilmente no, visti i continui spostamenti dei partigiani dopo l’eccidio di Arcevia, ma è un dubbio che ci rimane. L’unica certezza che abbiamo è che non disse mai nulla.
Agli interrogatori che avevano lasciato i nazifascisti a bocca asciutta, seguirono maltrattamenti e minacce. Giulia negli ultimi anni della sua vita continuava a raccontare scene raccapriccianti di quanto avesse dovuto subire, dalla fucilazione della compagna di cella, a cui cedette i suoi sandali, al pozzo della morte fino alla sua finta esecuzione con tanto di fucili caricati a salve. Eppure, non parlò. Successivamente fu rilasciata, ma da Forlì dovette tornare a piedi scalzi fino a Senigallia, con un viaggio interminabile contrassegnato da pedinamenti e aggressioni.
La storia di Giulia ebbe comunque un lieto fine: il 10 aprile del 1946 si sposò con il suo amato Domenico.
Oltre alla storia appena raccontata, Giulia ha rappresentato un elemento importante di raccordo tra il gap di Pianello e di Ripe. Varie le iniziative che li ha visti schierati uno di fianco all’altro.
Il 3 agosto 2016 le fu conferita dal Ministero della Difesa la Medaglia della Liberazione in occasione della ricorrenza del 70º anniversario della lotta di Liberazione nella sala della Giunta comunale di Senigallia, dove andò ad abitare dopo essersi sposata. Negli ultimi anni le è stata intitolata anche la sezione della città.
La sezione Anpi di Trecastelli da anni sta cercando di ricostruire e valorizzare questa e tante altre storie che rischiano di finire nell’oblio soprattutto con la scomparsa di quei protagonisti che hanno combattuto e donato un’Italia diversa.
Ma sono proprio le storie di questa Resistenza che ci permettono ancora oggi di capire e apprezzare la Costituzione repubblicana e i suoi valori fondamentali. Senza conoscere e apprezzare quella parte della nostra storia si può celebrare il 2 Giugno? O si rischia di pronunciare parole vuote e poco credibili?
Si ringrazia Iliana Tinti per aver condiviso e resi pubblici nel suo libro “Nazzareno Tinti, cent’anni di vita” i racconti della zia Giulia.
da Anpi Trecastelli
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