Visita guidata alla mostra antologica di William Congdon a Jesi
Organizza il Centro Culturale S. Romagnoli di Ostra
Il Centro Culturale S. Romagnoli organizza per sabato 26 febbraio alle ore 16.00 una visita guidata alla mostra antologica del pittore americano W. Congdon (1912-1998) presso la Sala Museale di Palazzo Bisaccioni (Via Colocci 4) a Jesi. Info 338 9346243.
La mostra nasce dalla volontà della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi che ha coinvolto l’associazione culturale Casa Testori. Le opere esposte sono state messe generosamente a disposizione dalla William G. Congdon Foundation – che tutela l’opera del pittore – e appositamente selezionate da Davide Dall’Ombra, direttore di Casa Testori.
Un percorso esaustivo e inaspettato di oltre trenta quadri, spesso di grandi dimensioni, pensato per gli spazi di Palazzo Bisaccioni: dalle New York degli anni Quaranta e le Venezie amate e collezionate da Peggy Guggenheim, fino all’approdo metafisico dei Campi arati degli anni Ottanta e Novanta.
Il visitatore potrà muovere il suo sguardo dall’energia dirompente del linguaggio americano dell’Action painting, di cui Congdon era un interprete, attraverso le sue prime esperienze di viaggio per le città d’elezione. È così che la Roma imponente delle vestigia del Pantheon fa i conti con una rappresentazione esistenziale dell’architettura, rappresentata dalla voragine del Colosseo o dalla precarietà della città di Assisi, franante sulla collina.
A raccontare la “ritrattistica” delle città operata da Congdon, spiccano in mostra, una dopo l’altra, le imponenti tavole di Istanbul, del Taj Mahal, del deserto marchiato dalla presenza umana di Sahara e della voragine di Santorini.
Perfino un toro umiliato, ferito e destinato alla morte può essere – scrive Congdon – redento dall’artista, che ne eterna la grandezza e potenza con la pittura. Dalla pittura come redenzione al simbolo umano di sofferenza e resurrezione per eccellenza, il Crocifisso, il passo è breve. Ma l’approccio dell’artista americano non è mai estetico o teorico e l’approdo al soggetto sacro avviene solo in seguito alla sua tormentata conversione al Cattolicesimo.
Il trasferimento a sud di Milano concentra il suo punto di vista su un soggetto pressoché unico: i campi coltivati. È nell’ultimo ventennio di vita che la ricerca, da spaziale, si fa temporale e protagoniste diventano la potenza della terra e le sue trasformazioni. Non si tratta di visioni idilliache: si svolge l’orizzonte sui campi e se ne segue il processo umano operato in superfice. È un tormento, anche materico, che sembra trovar pace nelle Nebbie e nei monocromi, sfociando nel lirismo musicale della vegetazione che conclude la mostra.
Riemergono così le meditazioni su George Braque e Nicolas De Staël, ma, soprattutto, i dialoghi pittorici con la Scuola di New York legati alla galleria di Betty Parsons, all’origine della presenza di opere di Congdon nei più importanti musei statunitensi e nella Peggy Guggenheim Collection di Venezia.
William Congdon è uno dei più profondi pittori del Novecento, naturalizzato italiano ma sempre americano nell’attitudine artistica. Su di lui hanno scritto alcuni dei più importanti critici internazionali, tra i quali: Clement Greenberg, Jacques Maritain, Giulio Carlo Argan, Giovanni Testori, Peter Selz, Fred Licht, e Massimo Cacciari.
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