L’Anpi contraria a piano realizzazione bacino estrattivo di Monte Sant’Angelo ad Arcevia
L'area è stata sede di rifugio e passaggio per i primi "partigiani" è un luogo che conserva una memoria viva
Con l’Atto del Consiglio n.27 del 29-07-2021, avente per oggetto “Programma provinciale Attività Estrattive (PPAE)- Variante parziale per completamento programmazione. Approvazione definitiva” la Provincia di Ancona, all’unanimità salvo una astensione, ha riattivato il percorso che porterà alla realizzazione del bacino estrattivo di Monte Sant’Angelo, riaprendo clamorosamente il “discorso cave”, che sembrava chiuso dopo la sentenza del Consiglio di Stato del 2014.
La posizione dell’Anpi sull’intera operazione resta quella di totale avversione, per le motivazioni di seguito illustrate.
Fin dal mese di settembre 1943 il Monte Sant’Angelo di Arcevia, per la sua raggiungibilità e per la sua difendibilità ha costituito la sede naturale di rifugio e di nascondimento per i primi “partigiani” : è qui che anche sulla traccia dei preesistenti camminamenti dei boscaioli si consolidano e si sviluppano sui quattro versanti del monte i sentieri partigiani, percorsi quotidianamente per tutte le operazioni di approvvigionamento, di collegamento e di comunicazione. La presenza delle cave sconvolgerà questa geografia, cancellerà molte tracce, impedirà una rinnovata e consapevole fruizione dei luoghi.
Le pendici del monte, soprattutto quelle del versante ovest, sono state ripetuto teatro di scontri armati con le guardie della Repubblica di Salò, lì collocate a custodia e sorveglianza della vicina miniera di zolfo di Cabernardi. L’esito di tali scontri fu sempre favorevole ai partigiani, i quali ebbero cura di trattare civilmente alcuni militari fatti prigionieri. Anche in questo caso la presenza di cave impedirebbe una percezione e una rappresentazione unitaria del contesto ambientale, configurandosi come presenza incoerente e contraddittoria in uno scenario ad alta densità storica, che non può essere ridotto alla sola evidenza del Memoriale.
Una inesorabile cronologia ci conduce al 4 maggio 1944, data che resterà per sempre incisa nel calendario civile della comunità locale, provinciale, regionale e nazionale. Fu portato a termine un feroce rastrellamento da parte dei nazifascisti, senza alcun riguardo per le cose e le persone. Sulla sommità del monte, in modo particolare presso casa Mazzarini, nel paese di Montefortino posto ai piedi della prima falda del monte, sotto le mura di San Rocco ad Arcevia spesso di fronte alla popolazione impietrita, si consumarono un indicibile scempio e un insopportabile sacrificio.
In questa coralità del dolore e della sofferenza è il monte intero nella sua composta gentilezza a conservare una memoria viva di sangue, di grida, di occhi sbarrati e a respingere con ferma determinazione ogni tentativo di invasione di pensieri e di pratiche che nulla hanno a che fare con la sacralità che il monte conserva e testimonia.
Prima di giungere al mese di agosto del 1944, quando fu liberato tutto il territorio di riferimento, si vuole segnalare anche una vicenda riservata e poco nota che il monte ha vissuto e che rientra a pieno titolo nel suo corredo di ricchissimo e duraturo patrimonio ideale. Le case alle pendici del monte per l’innato senso di generosa ospitalità dei suoi abitanti contadini alla cui formazione avevano di sicuro contribuito anche l’antropologia e l’economia del monte, salvarono dalla folle furia delle leggi razziali alcune famiglie ebree.
Nell’irrinunciabile racconto ai giovani, che caratterizza la nostra Associazione, i luoghi conservati del museo a cielo aperto possono essere toccati e sentiti per meglio inverare i valori ereditati, neutralizzando la pericolosa o eccessiva immaterialità contemporanea
Ne deriva che niente di tutto ciò potrà essere alterato o distrutto, che non c’è alcuna convenienza economica che possa prendere il posto di una eredità così intensa, così morale, così politica.
Piace ricordare che Arcevia partecipa all’Area Pilota per l’attuazione della Strategia Nazionale delle Aree Interne a testimonianza di una visone strategica di tutt’altro segno consono con il rispetto della storia, dell’antropologia e del paesaggio e, sulla base della Legge Regionale n.35 del 2020, è titolare, per la provincia di Ancona, del Parco della Memoria e della Pace.
Da Comitato provinciale ANPI Ancona
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