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Corinaldo: celebrato al teatro Goldoni il “Giorno della Memoria”

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Anna FrankCon l’intervento dell’assessore Fernando De Iasi, ha avuto inizio la celebrazione del “Giorno della Memoria”, alla presenza del Sindaco Livio Scattolini, degli assessori Cesare Morganti e Simona Mancini, dei consiglieri comunali Goffredo Luzietti e Piergiorgio Montesi. Fra il pubblico presente c’erano diversi ragazzi accompagnati dai propri genitori.


La cerimonia si è svolta presso il Teatro Comunale “Carlo Goldoni” di Corinaldo, con la proiezione del film “La Vita è Bella” di Roberto Benigni. Prima della proiezione del film l’assessore De Iasi, nel suo intervento, ha detto : “Con questa iniziativa l’Amministrazione Comunale di Corinaldo celebra il “Giorno della Memoria”, istituito con Legge dello Stato del 20 luglio 2000 per commemorare le vittime del nazismo.
La scelta della data del 27 gennaio ricorda l’abbattimento dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, avvenuto proprio il 27 gennaio del 1945, conseguentemente la fine della “shoah”, ovvero dello sterminio del popolo ebraico.
“Shoah” in ebraico significa distruzione e Auschwitz è il simbolo della distruzione di un popolo, ma anche della distruzione di tutto ciò che era estraneo al nazismo. In questo campo di concentramento sono stati sterminati un milione e mezzo di ebrei, ma anche oppositori politici, prigionieri di guerra, zingari, omosessuali e disabili.
L’apertura dei cancelli di Auschwitz, con le testimonianze dei pochi sopravissuti e con la scoperta degli strumenti di tortura e di annientamento, ha rivelato al mondo l’orrore del genocidio nazista, ricordare questa tragedia è un dovere morale per non restare indifferenti alle ingiustizie e alla sofferenze dei nostri simili.
Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario” afferma Primo Levi. Conoscere per non dimenticare, affinché il ricordo non sia un momento di compianto, ma uno strumento per continuare a denunciare e condannare il sentimento antisemita tuttora presente, talvolta in forma strisciante tal’altra in maniera evidente, nella nostra società.
Purtroppo, oggi, un po’ in tutto il mondo, c’è un nuovo ed attuale antisemitismo e nuove aggressive campagne contro gli ebrei. Un recente sondaggio rivela che anche il12% della popolazione italiana sembra non essere immune da questo anacronistico sentimento.
Sempre Primo Levi afferma che “Ciò che è accaduto può ritornare”, ecco perché è importante ricordare, non dimenticare, informare e informarsi, affinché non solo non si ripetano gli errori del passato, ma perché la critica conoscenza del passato rappresenta la migliore delle garanzie per un futuro di giustizia e di pace.
Per celebrare questa ricorrenza, ascolteremo alcuni brani tratti da opere simbolo della Shoah, letti da Paolo Pirani e assisteremo alla proiezione del film. “La vita è bella” di Roberto Benigni, film che ha ricevuto bei tre Oscar: uno per il migliore attore protagonista, uno per la colonna sonora di Nicola Piovani (che abbiamo avuto l’onore di ospitare in questo teatro) e un altro per il miglior film straniero.
Il film, che probabilmente molti di voi hanno già visto, racconta il dramma dei deportati ebrei, offrendo un particolare spaccato dell’esperienza vissuta dai bambini rinchiusi nei campi di concentramento nazisti (circa 230.000 sono stati i bambini ebrei che trovarono la morte nei lager, secondo stime non ufficiali, ma comunque attendibili).
Tra le curiosità o le citazioni che il film suggerisce c’è il titolo stesso, che è stato tratto da una frase del testamento di Trotsky, che così recita: “La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione e violenza, e goderla in tutto il suo splendore”

Paolo Pirani ha letto brani tratti da “Il Mercante di Venezia” di W. Shakespeare (Atto III, Scena 1), da “Se questo è un uomo”, di Primo Levi e una pagina dal diario di Anna Frank.

Esca per pesci!
E se non servirà a nutrir nient’altro,
servirà a nutrir la mia vendetta.
M’ha sempre maltrattato come un cane,
m’ha fatto perdere mezzo milione;
ha riso alle mie perdite,
ha sghignazzato sopra i miei guadagni,
ha offeso ed oltraggiato la mia razza,
m’ha sempre ostacolato negli affari,
m’ha raffreddato tutte le amicizie,
e m’ha scaldato contro i miei nemici.
E ciò perché? Perché sono giudeo.
Non ha occhi un giudeo?
Un giudeo non ha mani, organi, membra,
sensi, affetti, passioni,
non s’alimenta dello stesso cibo,
non si ferisce con le stesse armi,
non è soggetto agli stessi malanni,
curato con le stesse medicine,
estate e inverno non son caldi e freddi
per un giudeo come per un cristiano?
Se ci pungete, non facciamo sangue?
Non moriamo se voi ci avvelenate?
Dunque, se ci offendete e maltrattate,
non dovremmo pensare a vendicarci?
Se siamo uguali a voi per tutto il resto,
vogliamo assomigliarvi pure in questo!
Se un cristiano è oltraggiato da un ebreo,
qual è la sua virtù di tolleranza?
L’immediata vendetta! Onde un ebreo,
nel sentirsi oltraggiato da un cristiano,
come può dimostrarsi tollerante
se non, sul suo esempio, vendicandosi?
Io non faccio che mettere a profitto
la villania che m’insegnate voi;
e sarà ben difficile per me
rimanere al disotto dei maestri.

Dal libro di Primo Levi “ Se questo è un uomo”
(vedi anche La tregua)

“Nulla è più nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.”

“Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potrà a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinità umana; nel caso più fortunato, in base ad un puro giudizio di utilità. Si comprenderà allora il duplice significato del termine << Campo di annientamento >>, e sarà chiaro che cosa intendiamo esprimere con questa frase: giacere sul fondo.”

“ Eccomi dunque sul fondo. A dare un colpo di spugna al passato e al futuro si impara assai presto, se il bisogno preme. Dopo quindici giorni dall’ingresso, già ho la fame regolamentare, la fame cronica sconosciuta agli uomini liberi, che fa sognare di notte e siede in tutte le membra dei nostri corpi; già ho imparato a non lasciarmi derubare, e se anzi trovo in giro un cucchiaio, uno spago, un bottone di cui mi possa appropriare senza pericolo di punizione, li intasco e li considero miei di pieno diritto. Già mi sono apparse, sul dorso dei piedi, le piaghe torpide che non guariranno. Spingo vagoni, lavoro di pala, mi fiacco alla pioggia , tremo al vento; già il mio stesso corpo non è più mio: ho il ventre gonfio e le membra stecchite, il viso tumido al mattino e incavato a sera; qualcuno fra noi ha la pelle gialla, qualche altro grigia: quando non ci vediamo per tre o quattro giorni, stentiamo a riconoscerci l’un l’altro.”

Una pagina esemplare:
Il diario di Anna Frank fa parte della memorialistica sulla guerra.
Anna scrive, il 15 luglio 1944:
« “La gioventù in, in fondo è più solitaria della vecchiaia.” Questa massima che, ho letto in qualche libro mi è rimasta in mente e l’ho trovata vera; è vero che qui gli adulti trovano maggiori difficoltà che i giovani? No, non è affatto vero. Gli anziani hanno un’opinione su tutto, e nella vita nono esitano più prima di agire. A noi giovani costa doppia fatica mantenere le nostre opinioni in un tempo in cui ogni idealismo è annientato e distrutto, in cui gli uomini si mostrano dal loro lato peggiore, in cui si dubita della verità, della giustizia e di Dio. Chi ancora afferma che qui nell’alloggio segreto gli adulti hanno una vita più difficile, non si rende certamente conto della gravità e del numero di problemi che ci assillano, problemi per i quali forse noi siamo troppo giovani, ma ci incalzano di continuo sino a che, dopo lungo tempo, noi crediamo di aver trovato una soluzione; ma è una soluzione che non sembra capace di resistere ai fatti, che la annullano. Ecco la difficoltà di questi tempi: gli ideali, i sogni, le splendide speranze non sono ancora sorti in noi che già sono colpiti e completamente distrutti dalla crudele realtà. È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte il rombo l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità. Intanto debbo conservare intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui forse saranno ancora attuabili.»
Anna Frank, op. cit. , 15 luglio 1944, pp 268-268.

Così scrive Anna, pochi giorni prima che i tedeschi irrompano nell’alloggio segreto, dopo due anni di "semi-prigionia" , dal 9 luglio ’42 al 4 agosto ’44. È’ una riflessione che contrappone i giovani agli adulti e mette in evidenza la maturità raggiunta dalla quindicenne Anna, consapevole in quanto sia terribile, per chi è ancora in formazione vivere in un tempo in cui ogni idealismo è annientato e distrutto, dover rinunciare agli ideali e ai sogni proprio nell’età in cui cominciano a delinearsi.

Dal
Comune di Corinaldo

Redazione Valmisa
Pubblicato Martedì 3 febbraio, 2009 
alle ore 10:46
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